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giovedì 9 aprile 2015

Voi lottate che io gioco


Il campionato di calcio per ragazzini di 11 anni era cominciato e tutti i pronostici erano dalla loro parte.
Michel era tra i più timidi. Il mister aveva deciso di schierarlo a sinistra come difensore di fascia;
non aveva piedi buoni, ma correva sempre, ininterrottamente per 90 minuti, senza fermarsi un attimo;
non sapeva crossare bene o passare con molta precisione ma aveva fiato e rincorreva sempre gli avversari, spesso anticipandoli.

Michel era introverso, nello spogliatoio non era il mattatore, parlava con pochi compagni di squadra; con gli altri aveva scambio di palloni e cross.
A lui interessava divertirsi. 
Aveva un tau di legno al collo che stringeva quando sentiva la pressione della partita crescere. 
Agli altri, al mister interessava vincere. Non importava come; bastava vincere con ogni mezzo.

La squadra che battagliava con la sua, per la testa della classifica aveva un'ala destra che durante il campionato, tra amichevoli e partite ufficiali, Michel incontrò diverse volte.
Rafael era molto simile a Michel; ecco perchè andavano d'accordo.
Erano amici di nascosto. Arrivando prima al campo, parlavano, scherzavano, e notavano come gli altri si accanissero per vincere per forza, con la forza.
Divenivano avversari appena un loro compagno di squadra sopraggiungeva al campo.
Finti nemici per la maglia.

Durante le partite si battagliava in campo, ma tra di loro non c'erano mai scorrettezze, sputi, insulti o sgambetti. Tutto era gioco e se l'altro sfuggiva all'altro sulla fascia, ci si complimentava con sportività. 

Arrivò l'ultima di campionato. La finale tra le loro squadre.
Tensione alle stelle, sermone del mister sull'importanza della partita, come se stesse parlando ai marines durante lo sbarco in Normandia.
Michel era concentrato su altro, sui lacci, sui calzettoni, sul gel nei capelli per far colpo sulle ragazzine sedute sugli spalti. Partì titolare.

E la partenza fu un disastro sportivo. Rafael riuscì due volte a sfuggirgli siglando una doppietta.
Michel stringeva il tau e tutti gli dicevano di buttarlo via, di pensare a giocare, di smetterla di dormire.
Suo papà in accordo con il mister gli disse di tirare a Rafael qualche calcetto, qualche colpo basso senza farsi beccare dall'arbitro. 
Ma Michel non lo fece, voleva bene a sè ma anche a Rafael.
Finì la partita negli spogliatoi anzitempo. In lacrime andò sotto la doccia. 

La squadrà avversaria vinse ai calci di rigori.
I compagni di squadra di Michel erano distrutti dalla disperazione. Avevano perso, dimenticando che avevano giocato una semplice partita di calcio.

Michel e Rafael finirono la giornata insieme mangiando un gelato, festeggiando la Vita.
La partita di calcio era finita, la Vita non aveva mai smesso di battere nei loro cuori. 

La bella notizia di oggi: giocare,vivere,sorridere!!!

Grazie Yeshua!!!



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